lunedì 14 dicembre 2009

Gli slogan femministi e la lirica. LA VITA (SEGRETA) DI PRADA

Gian Luigi Paracchini racconta l’impero della moda. La stilista: «Leggerlo mi ha divertita»

Dalle contestazioni all’incontro con Bertelli, dalle sfilate alla Coppa America: i retroscena in un libro


L’aria preferita è dalla Tosca, «E luce­van le stelle», sulle cui note talvolta la si­gnora si avventura senza base né piani­sta, piccoli generosi fuori programma, ormai noti come Miuccia shows, che re­gala a pochi amici nelle serate più decon­tratte in cui decide di lasciarsi andare. Timbro buono, voce forse ancora un po’ da educare, ma di sicuro passione since­ra e segreta, quella per la musica, della ex ragazza di buona famiglia milanese (il marchio Prada è del 1913) che alle mani­festazioni studentesche si ostinava ad an­dare vestita Saint Laurent, dopo essersi fermata sulle scale di casa per accorciare con ago e filo l’orlo alla gonna e senza che il tutto le impedisse di dare una ma­no a lavare piatti e pentole dei frugali pa­sti con i compagni. Così, nel ricordo di Chicco Testa, oggi manager di banca d’af­fari, allora suo segretario di sezione in via Orti a Milano.
Tutto questo prima di incontrare un al­tro ragazzo temperamentoso della bor­ghesia aretina, Patrizio Bertelli, famiglia di avvocati e una precoce vocazione im­prenditoriale unita a un leggendariamen­te acceso carattere; molto portato al con­fronto titanico — nel 2000 quando acqui­sì Fendi voleva liberarsi dello stilista Karl Lagerfeld per sostituirlo con Nicolas Ghesquière — nonché alla sfuriata fulmi­nea: confermata da lui stesso quella del 1997, alla vigilia dell’inaugurazione del negozio Miu Miu a New York: infastidito perché gli specchi facevano «veramente schifo, ti ingrassano il doppio di quello che sei», Bertelli prese un martello e li de­molì uno dopo l’altro.
Facile che tipini così facessero scintil­le al primo incontro e che poi una volta messisi insieme dessero vita a una cop­pia parecchio solidale della moda italia­na che con lunga cavalcata nel business e nel lusso concettuale è arrivata a un so­lido marchio di successo internazionale, con 7200 dipendenti «diretti» nel mon­do e 15 mila «indiretti» in Italia (lei presi­dente, lui amministratore delegato). Una coppia basata su un intreccio di creativi­tà e affari che incrocia non solo la storia del made in Italy, ma che ormai «sfugge a una pura definizione modaiola, perché il marchio grazie a una potente immagi­ne costruita anche su altre galassie, ha dato il la a un autentico fenomeno di co­stume », come scrive Gian Luigi Paracchi­ni, giornalista del Corriere della Sera e scrittore («People», racconti di paesi affa­scinanti), che ha dedicato all’avventura del duo una storia di oltre duecento pagi­ne, «Vita Prada», Baldini Castoldi Dalai editore in uscita domani, in cui si raccon­tano tutti gli episodi, inediti, di cui so­pra, per stupire persino chi di Prada-Ber­telli credeva di sapere già molto. C’è riu­scito, Paracchini, dopo una consuetudi­ne cominciata nel 1997, osservando e an­notando scene e retroscena del sodali­zio.
Con il focoso Bertelli, negli anni, c’è stata anche una furiosa litigata; lei, timi­da ma spiritosa, quando ha letto il libro ha commentato «penso di essere meno stronza di come mi ha descritto, ma in fondo mi sono di­vertita ». E chissà se al­la signora era dispia­ciuto di più l’accenno che Paracchini fa alla sua idea di sessualità in controtendenza ba­sata «sulla tipologia rac­chiesca »; o al racconto dell’aria quasi mistica che aleggia nell’attesa del mitico saluto do­po- sfilata che fuggevol­mente dura 4 secondi.
Una coppia con il jolly, li definisce Paracchini, sfiorata da qualche pette­golezzo, «un gruppo stra­ordinariamente forte e red­ditizio ma anche straordi­nariamente indebitato se­condo le contraddizioni del rutilante mondo della mo­da ». Due borghesi ambizio­si ma anche parecchio di­spettosi e ben decisi a stare a modo loro dentro il sistema. Consapevole, Miuccia, che «son solo vestitini», ma quasi a disagio per l’obbligo di co­niugare questo mestiere frivo­lo con il suo passato di femmi­nista e contestatrice: alla fine però, rac­conta lei stessa a Paracchini, quasi con sollievo liberata da questo senso di col­pa e arresa all’idea che la moda è molto più seria di quanto si possa pensare. Ed ecco che dal bisogno quasi catartico di fare stile andando sempre oltre, la cop­pia ha prodotto il rapporto separato ma molto ben coltivato con l’arte, nella Fon­dazione diretta dal critico Germano Ce­lant. E dalla voglia di riconciliarsi con le giovanili curiosità di entrambi verso l’in­novazione ne è scaturita la serie contem­poranea di negozi nel mondo basati su un’idea del lusso che porta Prada-Bertel­li a coltivare l’estremo paradosso: «Il lus­so è sprecare spazio, il lusso è non fare shopping» .

Nessun commento:

Posta un commento